Sono nata dal sogno di due uomini che non avevano paura dell’impossibile: Silvio Moser e Guglielmo Bellasi.
Era la fine degli anni Sessanta, e in un’officina di Novara — terra che adottò Guglielmo — l’odore di ferro e benzina si mescolava al calore di un’amicizia vera.
Non avevano capitali, ma avevano visione, mani esperte e una fede incrollabile nella velocità.
Così, saldatura dopo saldatura, ho preso forma: un telaio snello, un cuore Ford-Cosworth DFV, e dentro di me la speranza di due ticinesi che volevano costruire una Formula 1 tutta loro.
Con Silvio sono entrata in Formula 1 nel 1970.
Non ho vinto, ma ho corso davvero. Ho sentito il vento di Zandvoort, la tensione di Monza e il rombo dei grandi nomi attorno a me: Ferrari, Lotus, Brabham.
Poche gare, ma bastò il battito di quei motori per sentirmi parte dell’Olimpo.
Io ero diversa, costruita a mano, nata dal coraggio di due amici e dalla loro fede nel possibile.
Silvio mi guidava con rispetto e coraggio; Guglielmo seguiva ogni mio respiro con gli occhi lucidi.
Ogni curva era una dichiarazione d’amore alla passione, ogni rettilineo una promessa che valeva comunque la pena mantenere.
Non eravamo lì per vincere: eravamo lì per esistere.
E in quel tempo bastava.
Poi venne il silenzio.
Mi spensero, mi smontarono, mi mandarono lontano, in Inghilterra, al Donington Museum.
Dietro il vetro vedevo passare la storia, e sentivo ancora il ronzio del mio motore nei sogni.
Ero fiera, ma lontana da casa.
Per anni rimasi lì, tra giganti e fantasmi, a ricordare i giorni in cui due amici ticinesi avevano sfidato il mondo.
Un giorno, finalmente, tornai.
La famiglia Moser mi riportò a Lugano, divenni parte dell’Expo Silvio Moser.
Ritrovai volti, fotografie, voci.
Mi sembrò di sentire ancora il colpo secco della prima accensione, il sorriso di Silvio, le mani attente di Guglielmo.
Da allora custodisco la loro storia, immobile ma viva.
E poi, nell’ottobre del 2025, ho viaggiato di nuovo.
Dal mio spazio all’Expo mi hanno trasportata fino a Piazzetta San Carlo, dove un box di vetro e alluminio mi ha accolto come una reliquia moderna.
Lì, alla manifestazione Lugano Classic, ho vissuto giornate che profumavano di memoria e di passione.
Accanto a me c’erano la Brabham BT24/3 F1, la Lotus 20 FJ e la Brabham BT36/11 F2 di Luciano Arnold: compagne di un tempo che non si è mai davvero spento.
Insieme abbiamo raccontato un Ticino che respirava di motori, di officine, di sogni costruiti con le mani.
Un tempo che ancora vibra nei ricordi e nei dettagli che ci tengono vivi.
Sabato 18 ottobre, nella Sala del Consiglio Comunale, si è parlato di “Silvio Moser e altre storie della F1 ticinese”.
Sono tornate le emozioni, i racconti, le voci di chi c’era e di chi ancora custodisce quella passione.
È stato un modo per ricordare Guglielmo Bellasi, il suo ingegno e l’amicizia che ha dato origine a un sogno diventato realtà.
Ora sono tornata al mio posto, all’Expo Silvio Moser.
Ma porto con me la luce di Lugano che si è riflessa sulla mia carrozzeria, i volti di chi si è fermato a guardarmi, e la certezza che il mio viaggio non è mai davvero finito.
Io sono la Bellasi.
E, come allora, continuo a credere nei sogni.
Expo Silvio Moser
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info@silviomoser.ch
20 vetrine, un’unica storia da scoprire, un itinerario espositivo racconta la vita e la carriera di Silvio Moser, pilota ticinese tra i più carismatici e coraggiosi degli anni '60 e '70.
Un viaggio a cielo aperto nella vita e nella carriera del grande pilota ticinese Silvio Moser, protagonista degli anni d’oro del motorsport europeo.